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Giornale on line registrato al Tribunale di Pavia n. 2/2016

CANELLI: ANDREA OBEROSLER E LA SUA BIC IN MOSTRA ALLA FUOCO E COLORE

Foto CANELLI: ANDREA OBEROSLER E LA SUA BIC IN MOSTRA ALLA FUOCO E COLORE

INTERVISTE

Un mondo dark, un po’ malinconico ma curioso e sempre alla ricerca del bello è quello creato “in punta di Bic” da Andrea Oberosler, classe 1988, che sarà il protagonista del prossimo evento in programma alla Fuoco e Colore Contemporary Art Gallery di Canelli. Appassionato e schietto racconta dei suoi esordi e dei suoi progetti futuri…
Raccontaci un po’ di te e di come ti sei avvicinato al mondo dell’arte
Ho disegnato fin da quando ero bambino, mia mamma raccoglieva gli schizzi in un raccoglitore che ho ancora qui a casa e che ogni tanto riguardo. Mi è sempre interessata anche l’animazione: dopo le scuole superiori (ho frequentato l’Istituto d’Arte a Trento) mi sono recato a Firenze alla Scuola Internazionale di Comics per studiare disegno animato, è sempre stato un mio “pallino”, era nella lista delle cose che dovevo assolutamente provare a realizzare nella mia vita. Lì sono rimasto per cinque anni e poi sono tornato a Trento dove ora lavoro come illustratore e animatore free lance. L’illustrazione è stata una cosa arrivata in maniera molto inaspettata e non prevista. Ho iniziato facendo la gavetta “selvaggia” poi circa quattro anni fa ho deciso di continuare ma cercando di darmi degli obiettivi precisi e farlo più per me, con un mio stile. Mi sono scontrato con il fatto che di illustrazione sapevo poco, non avendo studiato specificatamente per quello, quindi mi sono armato di pazienza e ho incominciato a ricercare, a leggere articoli e saggi sull’argomento, a realizzare bozzetti e a chiedere pareri a persone del settore che già lavoravano come illustratori da tempo.
Sei nato a Trento e poi ti sei trasferito a Firenze per studiare animazione…
Sono stati anni bellissimi, è stata proprio una parentesi meravigliosa. Secondo me l’esperienza fuori porta è molto importante anche da un punto di vista formativo oltre che di crescita personale. Adesso porto avanti l’animazione in parallelo ai miei progetti di illustratore. Lavoro soprattutto su commissione e quando il tempo e gli impegni me lo permettono continuo i progetti personali. Dallo scorso anno sono diventato inoltre docente di animazione per l’Istituto Design Palladio di Verona e questo mi permette di tenermi in allenamento e di continuare a coltivare questo grande amore.
Ritornando a queste due città, Firenze e Trento, mi sapresti indicare quali sono i luoghi importanti per te?
Qui a Trento sicuramente lo Studio d’Arte Andromeda, un’associazione culturale che esiste da più di quarant’anni e che si occupa di disegno, di illustrazione, umorismo, satira e fumetto. Ho iniziato a frequentarla quando ero in seconda media, il lunedì e il mercoledì faceva (e fa tuttora) un laboratorio sul disegno umoristico. E’ uno spazio aperto per tutti i ragazzi che hanno voglia di disegnare, portare i loro progetti e confrontarsi con professionisti. L’ho frequentata per tantissimi anni tranne quando ero a Firenze, infatti mi è mancata molto in questi cinque anni di trasferta. Per me è stato un luogo molto importante dal punto di vista artistico ed umano. Dopo il mio rientro a Trento ho ricominciato a frequentare assiduamente gli spazi, da qualche anno sono diventato socio ed ora partecipo attivamente all’attività dell’associazione. Come luogo importante per me a Firenze direi la scuola che ho frequentato perché ho realizzato il mio sogno di imparare a fare animazione, sono stati anni universitari vissuti intensamente. Firenze ha un significato particolare per me, ma non saprei indicare un altro luogo a parte la scuola dove ultimamente ritorno con regolarità come docente di alcuni workshop con i ragazzi.
Illustri libri per bambini… Quali sono i lati positivi e le difficoltà che incontri, se le incontri, nell’illustrare un libro?
La prima difficoltà che ho incontrato è quella a cui accennavo poco fa, ho dovuto recuperare mettendomi in gioco e cercando di informarmi il più possibile su questo mondo. È un lavoro bellissimo anche se spesso faticoso perché le scadenze sono ravvicinate e i progetti si accavallano, ma non vorrei fare altro al di fuori di questo. Vedere il libro stampato e tenerlo in mano ripaga di ogni fatica. Le difficoltà invece variano molto da progetto a progetto e soprattutto quando si è agli esordi non viene automatico “aggiustare il tiro” delle illustrazioni rispetto al target di riferimento del libro, una cosa che con il tempo poi viene più spontanea.
Descrivici Andrea da piccolo…
Ero molto curioso, mi piacevano tantissimo i ragni, i mostri e i cattivi in generale. Guardavo tanti film della Disney e gli antagonisti avevano ogni volta un fascino particolare. L’estate andavo con la mia famiglia in un paesino in montagna dove è nato mio padre: passavo giornate intere nei boschi, a giocare all’aria aperta, scorrazzare, rotolarmi nei prati.
I tuoi lavori sono quasi esclusivamente in bianco e nero… come mai questa scelta? Utilizzi come “arma” principale la mitica Bic. la tecnica della biro su carta richiede molta pazienza e precisione (non si può sbagliare). Come hai deciso che questa tecnica diventasse uno dei tuoi tratti distintivi?
Quando ero alle superiori e a Firenze cercavo di sperimentare, ero curioso di provare modi diversi di esprimermi e di vedere cosa ero in grado di fare con tecniche diverse. Mi sono accorto che il modo di comunicare che mi era più naturale e congeniale era attraverso la tecnica dell’uso della Bic, mi riusciva facile esprimermi in questo modo. Questa tecnica mi piace e da un punto di vista espressivo mi dà la possibilità di raccontare molte più cose. Confermo che richiede tanta pazienza e precisione. Per fortuna esiste Photoshop che viene in soccorso: con la post produzione digitale alcune sbavature possono essere corrette. Cerco sempre comunque di realizzare degli originali il più vicini possibile a quello che è il lavoro definitivo: a volte si riesce ad aggiustare il tiro con i programmi, a volte bisogna rifare la tavola.
Con una semplice biro riesci a creare dei mondi fantastici… questa tecnica ti ha mai limitato nella scelta/rappresentazione di un soggetto o di una ambientazione?
Ora come ora ti direi di no. Questo era un pensiero che mi capitava di fare spesso tempo fa. Quando ho iniziato a lavorare con la Bic e di farne il mio “marchio di fabbrica” ho riflettuto molto e non è stata una decisione che ho preso a cuor leggero perché mi sembrava una tecnica particolare, un po’ di nicchia e avevo paura che rischiasse di chiudermi qualche porta. Fortunatamente invece me le sta aprendo, ma qualche anno fa non lo sapevo come sarebbero andate le cose e ho fatto questa scelta per esigenza mia perché sapevo di potermi esprimere al meglio in questo modo.
Da cosa prendi ispirazione?
Il cinema mi affascina da sempre, forse è un po’ una deformazione professionale da animatore, infatti più persone mi hanno detto che molti dei miei lavori hanno dei tagli cinematografici. Mi ispira molto la musica, lavoro sempre con un sottofondo, senza faccio veramente fatica e mi sembra che il tempo si dilati in maniera incredibile. Alcune tavole che saranno in mostra fanno parte di una serie che sto portando avanti da circa un paio d’anni che si chiama “Melancholia”. È una serie di autoritratti surreali che realizzo per cercare di elaborare alcuni modi in cui mi sento, esorcizzo questi stati d’animo tramite il disegno e per realizzarli ho sempre un sottofondo musicale che con i suoi suoni mi trasporta sempre nel mood giusto…
Artista, cantante, libro e film preferito. Puoi anche citarne più di uno.
Come artisti cito Caravaggio e Klimt. Caravaggio per le atmosfere, la teatralità, la drammaticità che riusciva a trasmettere con l’uso di luci e ombre. Klimt per i motivi decorativi meravigliosi che creava e per gli accostamenti di figure dipinte in maniera realistica che si stagliano su forme dorate, un contrasto molto forte ma che si rivela un matrimonio perfetto. Nella categoria cantanti nomino un’artista iraniana di nome Sevdaliza: realizza e produce musica elettronica con atmosfere molto cupe ed ha una voce eterea, sembra di ascoltare qualcuno che ti lancia un incantesimo. Lei è una delle principali protagoniste delle playlist di quando creo “Melancholia”, lei mi sbatte nell’atmosfera giusta per creare nuovi lavori. Per il libro dico “Memorie di una geisha”. Come illustratori ammiro molto Ana Juan: devo molto a lei perché quando ho iniziato a lavorare in maniera un po’ più seria nel mondo dell’editoria avevo la tendenza a ricollegare l’illustrazione esclusivamente ai libri per l’infanzia, un grossissimo errore. Il suo lavoro mi ha aperto gli occhi, le sue opere con atmosfere dark e drammatiche mi hanno indicato una strada che potevo percorrere. Un altro autore che ammiro moltissimo è Marco Somà che realizza lavori totalmente diversi da Ana Juan ma bellissimi perché eleganti e pieni zeppi di dettagli. Infine il film che cito è “The Hours” con Nicole Kidman e Meryl Streep, un’attrice che adoro.
Descrivimi un po’ il luogo e la postazione dove crei le tue opere…
Lavoro in camera mia che è un mezzo disastro, una scrivania piena zeppa di cose tra computer, tavoletta, scanner… ogni tanto devo mettere a posto anche se l’ordine non rimane molto a lungo…
Un colore al quale non potresti mai rinunciare (il nero non vale!)
Il bordeaux perché è un rosso pieno ma abbastanza scuro. Nel 2019 ho realizzato le illustrazioni del libro “La maschera della morte rossa ed altri racconti” di Edgar Allan Poe, di cui ci saranno alcune tavole in mostra. E’ stato realizzato in bianco, nero e rosso ed era la prima volta che facevo un lavoro del genere, mi è rimasto “appiccicato” il colore bordeaux da quel momento.
So che hai una passione per il gotico. parlaci di come e’ nato il libro di racconti di Edgar Allan Poe…
Adoro il genere e le illustrazioni con atmosfere gotiche e potrei andare avanti a parlare di questo per ore. Questo libro è il secondo che ho realizzato, ma lo considero come se fosse il primo dato il mio grande amore per il gotico e perché è il primo libro che ho realizzato con questo stile. Ha fatto da apripista per quanto riguarda la mia esplorazione grafica e quindi ci sono molto affezionato. In realtà è nato per caso. Dovevo andare alla Fiera del Libro di Bologna nel 2018, stavo sistemando il mio portfolio da mostrare agli editori e molti amici e colleghi mi hanno suggerito che piuttosto di presentare tanti lavori scollegati tra loro era meglio concentrarsi su un lavoro specifico, come l’illustrazione di un racconto, e mostrare di saperlo elaborare. Ho deciso di lavorare su “La maschera della morte rossa”, un racconto che ho scoperto quando ero a Firenze e che mi aveva molto ispirato. Ho realizzato tantissimi bozzetti e schizzi ed una mia amica mi disse: invece di sceglierne quattro o cinque da inserire nel portfolio perché non realizzi il progetto e cerchi di proporlo? Ed è così che l’ho portato a Bologna, l’ho mostrato a Bakemono Lab e mi hanno detto che erano interessati all’idea. Così abbiamo scelto altri due racconti di Poe: “Il ritratto ovale”, il mio racconto preferito, e “Metzengerstein”, il suo primo racconto pubblicato ed abbiamo portato avanti il progetto. Ho scelto queste storie perché sono meno conosciute, rispetto ad “Il gatto nero” che ha avuto decine di adattamenti diversi.
Ami molto i ragni e uno di loro è il protagonista di un corto di animazione (“Il ragno stanco”). Cosa ti affascina di loro?
Il corto è stato realizzato su una traccia audio di un gruppo di amici che abitano dalle mie parti e che si chiamano I Plebei. Alcuni anni fa sono usciti con un album musicale in cui era contenuta anche la traccia de “Il ragno stanco” che aveva il carattere della fiaba dark. Mi hanno contattato per la realizzazione del video ed abbiamo iniziato la collaborazione. Per quanto riguarda il mio amore per i ragni posso dire che era una cosa in me fin da quando ero bambino. In estate quando stavo in montagna con i miei genitori ero sempre all’aria aperta, cercavo insetti ed i ragni in particolar modo hanno sempre attirato la mia attenzione forse per via delle diverse ragnatele che tessono. C’è stato un periodo in cui ne avevo paura, ma ero comunque affascinato così ho iniziato a studiarli e frequentare gruppi social dedicati ai ragni e poi questo timore è passato definitivamente.
Queste ambientazioni mi ricordano molto Tim Burton… Fa parte dei registi che ammiri?
L’ispirazione di base da un punto di vista visivo è stata tratta dai film muti e dalle ombre cinesi. Le atmosfere sono cupe, è ambientato in un cimitero… Tim Burton mi piace molto.
Di recente hai realizzato le illustrazioni per un libro su Antonio Canova, lo scultore. Come è stato creare questo libro?
Tanta ansia da prestazione (ride ndr) perché ho dovuto misurarmi con Antonio Canova. Sono felicissimo di questo libro ed è stato il progetto più bello dell’anno scorso, era uno di quei libri che aspettavo con ansia che uscissero. Quando ti trovi a doverti misurare con un mostro della storia dell’arte devi fare le cose a modo: ho fatto tanta ricerca e con Stella Nosella, l’autrice, siamo stati un paio di volte alla gipsoteca di Possagno, partner del progetto, per studiare bene i gessi, anche da angolazioni diverse, e portare a casa più immagini possibili per rielaborare e cercare di capire come le opere risultassero da punti di vista differenti visto che nel libro le statue prendono vita. Sono felicissimo della riuscita del progetto però ammetto: ho lavorato con i guanti di velluto perché non si possono fare sbagli sul Canova.
Veniamo invece alla personale “In punta di bic” alla Fuoco e Colore Contemporary Art Gallery di Canelli. Cosa esporrai? Illustrazioni tratte dai libri oppure anche opere tue?
Visto che lo spazio si divide in due sale, ho deciso di creare delle stanze tematiche. La prima conterrà lavori legati ai progetti editoriali realizzati: ci saranno alcune tavole su Poe, alcune sul Canova ed alcune sulla riedizione de “Il castello di Otranto” edito sempre da Bakemono Lab. Nella sala interna invece ci saranno le tavole finora realizzate della serie “Melancholia”, progetto che mi sta molto a cuore e che ha ottenuto un ottimo riscontro tra le persone che mi seguono. Con Barbara Brunettini e Stefano Sibona della galleria abbiamo pensato di proiettare “Il ragno stanco” e porterò anche dei bozzetti preparatori per il corto.
Progetti per il futuro?
Al momento sto lavorando ad un libro mio: non curerò solo la parte grafica ma anche la storia. È un progetto che è fermo da qualche anno e credo che il 2022 sia l’anno giusto per fargli vedere la luce.
Andrea Oberosler Vi aspetta con “In punta di Bic” presso la Fuoco e Colore Contemporary Art Gallery di Canelli dal 5 al 20 febbraio. L’inaugurazione si terrà il 5 febbraio dalle ore 16 alle ore 18.30. La mostra sarà visitabile il mattino dalle 10 alle 12 il martedì, il venerdì e la domenica; il pomeriggio dalle 16 alle 18 il venerdì e il sabato. L’autore sarà presente negli spazi della galleria il 5, il 6 e il 20 febbraio. Durante il periodo in cui sarà visitabile la personale sono disponibili per l’acquisto le pubblicazioni dell’autore “La maschera della morte rossa e altri racconti” edito da Bakemono Lab, “In corso d’opera – Antonio Canova” in collaborazione con Stella Nosella edito da L’Orto della Cultura e alcune stampe fine art delle sue opere visibili negli spazi della galleria.
Potete vedere le opere di Andrea Oberosler anche su:
www.andreaoberosler.com
Instagram: @andrea_oberosler
Fb: Andrea Oberosler
Autoritratto fotografico di Andrea Oberosler realizzato da Stefano Pradel (Instagram: @komebori)

27/01/2022

Paola Doria

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