GABRIELE SANZO, l’equilibrista del tratto
INTERVISTE
Il grigio di Payne. Un grigio che si avvicina al nero, che non è più grigio, è più blu… Questo è il colore preferito di Gabriele Sanzo, classe 1995 ma con un nutrito bagaglio di esperienze alle spalle. Il grigio Payne: un colore affascinante, un po’ misterioso e malinconico che racchiude nel suo silenzio molte emozioni. L’artista da cui prende il nome lo ricreava mescolando il classico blu di Prussia con dell’ocra e del cremisi fino ad arrivare a questo grigio scurissimo con rimandi all’azzurro. Un colore apparentemente semplice ma che al suo interno racchiude una molteplicità di elementi, una complessità che non si percepisce al primo colpo d’occhio. Come Gabriele Sanzo: poliedrico e fuori dagli schemi. Sempre in movimento, sempre alla ricerca di qualcosa, sempre pronto a nuove esperienze e a mettersi in gioco. Gabriele è illustratore, artista, scrittore, insegnante e molte altre cose…
D: Raccontami un po’ di te…
R: Ho studiato al Liceo Artistico di Asti e poi ho incominciato l’Accademia delle Belle Arti di Cuneo dove ho fatto sia il percorso triennale che magistrale. Conclusasi questa esperienza ho partecipato ad un master estivo con Pablo Auladell a Macerata alla Ars in Fabula, una importante scuola di illustrazione. Mi tengo sempre aggiornato e guardo costantemente quello che riguarda il mio mestiere ed il mio mondo, cerco di tenermi il più informato possibile perché non si è mai finito di imparare. Per l’illustrazione sono stato principalmente allievo di Marco Somà e di Gino Vercelli, il primo per l’illustrazione ed il secondo per il fumetto, e loro sono stati gli insegnanti che mi hanno portato ad appassionarmi ad un mondo che sentivo forte fin da bambino. Su questo ho sempre avuto le idee molto chiare, una delle poche cose chiare della mia vita e per il resto vivo nel dubbio (ride ndr).
D: So che sei un insegnante. Dove e cosa insegni? Com’è il rapporto con gli studenti, cosa ti appassiona di più di questo lavoro?
R: Insegno al liceo artistico che ho frequentato, sono tornato a casa e mi sono messo dall’altra parte del banco. È il secondo anno, non mi sono ancora abituato all’idea di non essere più lì come allievo. Io mi vedo come un eterno studente. Insegno discipline pittoriche che è una delle cose che mi appassiona. Sono più vicino agli studenti rispetto ad altre materie: non è una disciplina con rigore scientifico come la matematica e il rapporto con i ragazzi deve essere in posizione di autorità però cerco sempre di appassionarli e di trasmettere loro consigli, suggerimenti oltre che nozioni. Il rapporto con loro è molto spesso un dare e ricevere, sono ragazzi giovani. Ho ventisei anni e l’anno scorso avevo una quinta superiore quindi il divario di età era poco rispetto ad altri docenti. Sono ragazzi con i quali è bello confrontarsi. La mia materia essendo più laboratoriale mi permette di essere più a contatto con loro, perché devi aiutarli ad esprimere loro stessi e quindi di conseguenza devi conoscerli abbastanza. Ricevo tantissimo da loro: idee, spunti e riflessioni. La cosa che preferisco del liceo artistico è che chi studia lì è un po’ “un disperato” in senso buono: un creativo, una persona che non si vuole conformare, che vuole esprimere se stessa e che esterna le sue emozioni in modo a volte anche forte ma pur sempre con convinzione, dimensione che in altri percorsi di studi è molto meno accentuata.
D: Oltre a dipingere coltivi anche l’attività teatrale…
R: Ho iniziato quest’anno a fare un corso di teatro. Io vivo un eterno paradosso, titolo di un’opera che porterò in mostra: sono una persona tendenzialmente tranquilla, che ama la riservatezza e stare per i fatti propri. Vivo in un paese di trecento anime, Vinchio, in cui non vedo e non sento nessuno a parte i miei genitori però cerco sempre un contatto con l’esterno. Tendenzialmente sono anche pigro ma mi circondo sempre di tante cose da fare forse per sfidare me stesso e per poter fare più esperienze. Il teatro mi aiuta a mettermi in gioco ed arricchirmi. Il fare tante cose aiuta a capire chi siamo e cosa vogliamo e accettare a volte il fallimento ci fa comprendere quello che a noi è più congeniale. Ad esempio: per anni, pur non essendo uno sportivo, da ragazzino ho fatto nuoto. Ad un certo punto ho capito che le mie priorità erano cambiate. Dopo nuoto infatti ho voluto imparare a suonare la chitarra. Mio zio mi regalò una sua chitarra acustica e ho preso lezioni a Canelli per un paio di anni. L’unica costante è sempre stata il disegno poi le altre esperienze vanno e vengono. Una non esclude l’altra ed è un modo per arricchire la propria sensibilità. Una cosa che ripeto ai miei ragazzi è: se pensate solo a disegnare, poi cosa raccontate? Li invoglio a vivere altre esperienze e a raccontarle attraverso il disegno.
D: C’è qualcosa del fare teatro che ti aiuta nel tuo essere artista?
R: Più che per l’ambito artistico il teatro mi torna molto utile per l’insegnamento. Grazie ad esso riesco ad immedesimarmi meglio in un altro ruolo che è quello più autorevole del docente, pur essendo vicino ai ragazzi devo comunque mantenere un ruolo meno assecondante. Una cosa che ho notato è che il teatro ti aiuta molto ad ascoltare il prossimo.
D: Contemporaneamente all’attività di insegnante sei anche e soprattutto un illustratore…
R: E’ tutto partito da una mia esigenza. Alle superiori non ho mai avuto un insegnante che mi facesse apprezzare l’illustrazione. Sono sempre stato attirato dalla pittura e da ragazzo leggevo tanti fumetti. Così ho trovato una via di mezzo che si avvicinava alla pittura raccontando qualcosa. L’illustrazione è la narrazione per immagini. Ho iniziato a girare per librerie e appassionarmi ad autori come Andrea Pazienza, Lorenzo Mattotti e Gianni De Conno, che sono un po’ coloro che mi hanno influenzato. In quinta superiore ho partecipato ad un concorso de “La Stampa”, Artissima, a Torino dove ho portato un'opera sui pittori della domenica. Ho inviato l’illustrazione ma poi non ho più guardato la mail. Ad un certo punto mi chiamano ripetutamente e mi dicono che ero stato selezionato tra i vincitori. Sono arrivato secondo vincendo il premio della critica. Da lì ho capito che il mio modo di raccontare era la via giusta per esprimermi. Mi sono iscritto in Accademia e lì ho incontrato Marco Somà, che due anni fa ha vinto il Premio Andersen e capito cosa volesse dire davvero fare l’illustratore. Leggendo sempre più libri e guardando a diversi autori iniziavo qualche commissione tra cui quelle per una rivista cattolica di Milano che si chiama “La Madonna dei Poveri”, dopo aver mandato il curriculum per caso. Inviavo il mio curriculum a diversi editori. La prima grande commissione è stata quella per “Il Messaggero dei ragazzi” di Padova, una rivista storica sulla quale hanno pubblicato “illustratori illustri” come Jacovitti. È poi arrivata la Corrado Tedeschi Editore per delle vignette su pubblicazioni di enigmistica . Infine quest’anno l’opportunità con la Lattes Editori per illustrazioni inserite in un’antologia scolastica: un mondo interessante che non avevo mai approcciato.
D: Di recente ti abbiamo visto al Salone del libro di Torino… Parlaci un po’ del libro che presentavi e di come è stata questa esperienza…
R: Sono andato al Salone del Libro perché erano presenti degli editori con i quali ho pubblicato dei libri. Qualche tempo fa ho scritto un libro con un editore di Asti, Letteratura Alternativa, che è composto da una ventina di racconti molto brevi di carattere umoristico e non sense. Racconti nati in maniera estemporanea, anche come note Whatsapp o sul telefono con il fine di essere brevi, diretti e veloci da leggere. Si chiama “Il buongiorno si vede dal mattino se non sei miope”. Sono andato al Lingotto per un saluto e un breve firma copie questo è un libro che sconsiglio sempre a tutti, dico addirittura nella scheda che non è consigliata la lettura ad un pubblico con età inferiore ai 4 mesi e superiore ai 125 anni (ride ndr). Proprio in questi giorni invece è uscito un libro di illustrazione per bambini tra i 5 e i 9 anni per Didattica Attiva che si chiama “Il ChiassoBosco” di cui ho curato le illustrazioni e scritto da Giorgia Lignana. Per la prima volta mi sono approcciato all’illustrazione digitale ma cerco di utilizzare il mezzo, che agevola molto il mio lavoro per l’immediatezza, pur mantenendo fede al tratto vecchio stile. Il computer è solo una carta digitale, un mezzo non un fine.
D: Veniamo alla mostra personale di Canelli presso la “Fuoco e Colore Contemporary Art Gallery: “Agenzia di viaggi immaginari”. Come mai questo titolo? Cosa ci proporrai? Qual è il fil rouge della personale?
R: Il titolo nasce dal mio biglietto da visita dove ho inserito questa dicitura “agenzia di viaggi immaginari” perché tutti mettono titoli come illustratore, art director ecc… io non so mai come definirmi ed allora ho pensato che questa frase potesse calzare a pennello perché in fondo io viaggio attraverso la fantasia. Le opere come viaggi immaginari dove si può giocare con la mente. Le illustrazioni in mostra nascono tutte negli ultimi mesi e hanno come filo conduttore la fantasia e l’immaginazione. Sono divisi in quattro temi. Il primo è quello del mondo circense. Sono sempre stato affascinato dai movimenti e dal loro modo di vivere. E poi gli equilibristi: vedi queste figure imponenti camminare su dei fili sottili, un po’ una parafrasi della vita, nella quale tutti noi cerchiamo di rimanere sul filo nonostante le cose che ci circondano. Il secondo tema è la luna, non vista dall’ottica scientifica ma lo spicchio di luna che mi dà la percezione, quando alzo la testa verso il cielo, che ci sia qualcos’altro lassù con i suoi colori e le sue atmosfere nostalgiche. Poi il tema del bianco e nero con situazioni comiche di vita quotidiana come ad esempio la seduta dal dentista, una gita al fiume, lo stendere i panni… Ed infine una sezione di quattro opere che hanno come protagonista un omino con un cilindro altissimo e una sciarpa lunga che è un po’ il mio alter ego.
Gabriele Sanzo Vi aspetta alla sua personale, “Agenzia di viaggi immaginari”, il 29 ottobre alle 17 per l’inaugurazione presso la “Fuoco e Colore Contemporary Art Gallery” di Corso Libertà 49 a Canelli. La mostra sarà visitabile fino al 14 novembre con i seguenti orari: venerdì e sabato dalle 17 alle 19 e domenica dalle 10 alle 12.
26/10/2021
Paola Doria
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