8 MARZO: AUGURI A TUTTE LE DONNE, MA LA STRADA PER LA PARITA' E' LONTANA
CULTURA
Oggi è l’8 marzo, la festa della donna, la ricorrenza che ogni anno ci ricorda sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne ma soprattutto le discriminazioni e le violenze cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo. La strada per la parità di diritti è ancora lontana, purtroppo. In inglese si chiama Gender Gap, ovvero divario di genere, quello che porta ogni anno le donne ad essere “messe in un angolo”. Ogni due anni viene stilato un rapporto mondiale sulla parità tra i sessi e questo dimostra che, nonostante le differenze tra uomo e donna si siano ridotte negli ultimi decenni, le disuguaglianze sono ancora purtroppo all’ordine del giorno. Le donne sono in media più istruite (il 60% in più di laureate rispetto agli uomini) ma nonostante le loro capacità, dimostrate con fatica sul campo anche negli studi, non ricoprono ruoli di prestigio o dirigenziali, cariche quasi esclusivamente maschili. Eppure la donna rappresenta circa il 46 per cento di forza lavoro impiegata. Il divario per le donne è anche e soprattutto di tipo economico: guadagnano in media il 16 per cento in meno all’ora e questa cifra è superiore al 20 per cento se ci si sposta in Paesi dell’Est come la Repubblica Ceca, Estonia ma anche nelle civilissime (un punto di domanda è d’obbligo) Germania e Austria. E anche per le pensioni le donne sono ancora una volta il fanalino di coda con il 39 per cento in meno dei maschi. In tutto questo sciorinare di dati oggettivi pare che l’Italia abbia un piccolo pregio: per la prima volta il divario di generi nel nostro Paese sia diminuito (almeno così dice la ricerca) facendo salire la Penisola di ben due posizioni nella classifica generale dei 142 Paesi. Non dormiamo però troppo sugli allori, anzi, perché siamo davanti a Bangladesh e Repubblica Kirghiza e siamo il terminal dei Paesi industrializzati. Altro dato negativo: nell’ultimo decennio l’Italia ha retrocesso nella parità al diritto allo studio. Nel 2006 era al ventisettesimo posto ed ora siamo precipitati al sessantaduesimo. Il dato di iscrizioni universitarie sarebbe invariato ma a penalizzare sarebbe il calo di iscrizioni di bambine nella scuola primaria e secondaria (che nascano più maschi che femmine?). Migliora invece la parità dei sessi in termini di salute e durata della vita (siamo al settantesimo posto invece che al novantacinquesimo del 2010) ed è soprattutto in politica che l’Italia fa un balzo in avanti rispetto al passato (dal settantaduesimo al trentasettesimo posto in classifica). Anche se riguardo a questo avrei ancora parecchi dubbi: forse a livello nazionale la politica si è tinta di “rosa” ma a livello locale vedo ancora molto rari i sindaci donna (e poche le consigliere comunali anche se c’è da dire che negli ultimi anni sempre più donne si interessano di politica con passione e intelligenza cercando di sfatare il mito della donna in politica “bella ma scema”. Donne, dove emigrare allora per vedere riconosciuti i propri diritti? Al primo posto resta la gelida Islanda davanti a Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca, patrie delle pari opportunità. A sorpresa poco più sotto in classifica troviamo il Nicaragua e il Rwanda con un bel venticinquesimo posto. Ottavo posto per Irlanda, seguita dalle Filippine e dal Belgio che chiude la top ten lasciando fuori Svizzera e Germania dalla “rosa” dei migliori. La Francia è sedicesima, gli Stati Uniti sono al ventesimo posto mentre il Regno Unito è subito dopo il Rwanda (ventiseiesima posizione). Infine una “bella e ottimistica” previsione per il futuro: la parità dei sessi si raggiungerà, se si raggiungerà, non prima del 2095.
08/03/2021
Paola Doria
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