Quando il Vigevano Basket era in serie A. il Supremo Aiace si racconta
INTERVISTE
Questa che vi racconto oggi è una storia di vita che inizia lontano. in una assolata Palermo della fine degli anni Cinquanta. È la storia di un ragazzo che ha realizzato il suo sogno. è la storia di chi. nonostante il sudore e il dolore. ha dato il massimo e alla fine la vita ci insegna che le fatiche vengono sempre ripagate. Questa è una storia di sport. è la vita di Stefano Albanese. Stefano conserva ancora oggi nel garage di casa sua ben 17 album pieni di foto di quando giocava a basket. un archivio. oggi digitalizzato. di oltre 8mila immagini e di ritagli di giornali che parlano di lui e dei risultati delle squadre a cui era legato. Un bagaglio di ricordi che sono stati recentemente racchiusi nella sua pubblicazione “Cuore. canestri e successi” a cura di Roberto Bernardini con la prefazione di Enrico Campana. un volume che racchiude i racconti di amici. parenti e conoscenti arricchiti da un apparato fotografico notevole con rassegna stampa annessa. L’amore di Stefano per il basket nasce quasi per caso... “Nel gennaio 1957 – racconta Albanese – la mia cugina Elvira. di qualche anno più vecchia di me. mi invitò ad assistere alla partita di pallacanestro della sua squadra (una squadra di serie b femminile di Palermo) e così iniziai ad andare a vedere qualche partita in più. poi confrontai il gioco femminile con quello maschile e finii per appassionarmi a questo bellissimo sport. Grazie a mia cugina e al presidente della Cestistica u.s. Palermo nel giugno dello stesso anno mi tesserai. Avevo 13 anni ed ero alto più di 1.96 metri. per l’epoca e la zona d’Italia in cui vivevo la mia statura era notevole. Alla pallacanestro alternavo anche due sedute settimanali di palestra. insieme a mio fratello maggiore. Mio fratello Camillo fece per molto tempo canottaggio con ottimi risultati. Mio padre. che ci ha sempre spronato a dare il meglio. seguiva con orgoglio le nostre attività”. All’inizio dell’agosto 1960 fu organizzato dalla squadra di Stefano Albanese. all’epoca 16enne. un torneo internazionale di basket e fu chiamato a rinforzare la squadra Sandro Spinetti. un promettente giocatore della Stella Azzurra di Roma. “Quello – ricorda Stefano – fu l’inizio di un sodalizio sportivo e di un’amicizia che dura ancora adesso dopo più di 50 anni. Legai subito con lui e fu proprio Sandro a segnalarmi alla Stella Azzurra dove dopo poco tempo mi trasferii e divenne ben presto una seconda casa per me. Roma a quel tempo respirava un’aria di novità: finite da poco le Olimpiadi si potevano incontrare giocatori internazionali e le strutture sportive erano all’avanguardia... Fu un bellissimo periodo della mia vita perché pensavo a fare esperienza e a migliorarmi nello sport e intanto stavo in collegio che aveva sede a Piazza di Spagna (la retta era pagata dalla società) e nella stagione 1962- 63 arrivai finalmente in serie A e fu una delle gioie più grandi”. Ben presto arriva il momento per Stefano di andare al militare... Arriva la convocazione tramite lettera e dopo una serie di peripezie Albanese finisce a Bracciano a giocare nella squadra di basket delle Forze Armate. Nel 1963 la Nazionale delle Forze Armate partecipa ai campionati europei ed internazionali giovanili. “Siamo stati per gli europei a Parigi e Bruxelles. avevamo come massaggiatore il maresciallo Crispi. un napoletano simpaticissimo che da buon partenopeo. capace nell’arte di arrangiarsi. per farci fare la colazione sana ci procurava non so come le brioche e ci portava la colazione persino a letto. In un’altra occasione ci ritrovammo a giocare a Baghdad ed essendo la nostra cucina molto differente da quella araba. tenendoci alla nostra alimentazione (ricordiamoci che sono gli anni Sessanta) andava dai ristoratori del luogo e si faceva prestare la cucina dei ristoranti per prepararci gli spaghetti che ci eravamo portati da casa. Quel periodo è stato bellissimo perché ci siamo divertiti un mondo anche a fare scherzi. Io avevo acquistato in un suk un vestito maschile tradizionale ed un pugnale artigianale del luogo: di notte entrai furtivo nella stanza dell’arbitro e parlando un arabo maccheronesco lo spaventai. Da Baghdad e da Damasco portammo tutti a casa parecchi souvenir: viaggiavamo con un aereo militare che. una volta arrivato all’aeroporto di Ciampino. pullulava di tappeti. pugnali. vasi. piatti con lavorazioni tipiche arabe a ricordo di quel soggiorno sportivo che regolarmente andammo a ritirare a gruppi nei giorni successivi”. Poi inizia il periodo “sardo” della carriera di Stefano: la Stella Azzurra per varie ragioni economiche non regge più e dopo aver valutato alcune offerte. lui e Spinetti partono alla volta di Cagliari. “Fu difficile al momento inserirsi in una nuova realtà – ricorda – ma la cosa più bella che rammento sono i rapporti umani con i compagni di squadra ma anche con le persone del posto: quando andavo al mercato capitava spesso che mi fermassero a parlare e a commentare il nostro gioco. A volte scambiavamo biglietti per le partite con i commercianti e loro ci regalavano bistecche. formaggi... Un calore umano che in grandi città non potevi sentire”. È in quegli anni che Stefano Albanese diventa il “Supremo Aiace”. soprannome che in quel periodo si guadagna grazie ad una barba da perfetto bronzo di Riace o meglio la reincarnazione del figlio di Telamone così come lo abbiamo visto sempre nell’iconografia classica. che lotta duramente nelle epiche battaglie di omerica memoria. Intanto le richieste di squadre importanti come quelle di Milano e Varese si fanno avanti ma fu più forte la richiesta di Vigevano grazie all’intercessione di Mario De Sisti. già conoscenza di Stefano. che lo segnalò all’allora presidente della società vigevanese Colombo. La Vigevano degli anni Settanta sembrava davvero toccata da Re Mida: il mercato economico in continua crescita. visibilità internazionale. fiere e anche lo sport la faceva da padrone in città. soprattutto il basket. “Vigevano – spiega Albanese – era una fucina. un laboratorio di giovani talenti che venivano mandati nella squadra a fare esperienza per poi essere valutati per il passaggio successivo ad altre società e ho conosciuto davvero tante persone che hanno iniziato la carriera a Vigevano ma che poi. come me. si sono sposati in città o con ragazze vigevanesi. Vigevano era una meta importante per il basket all’epoca. in un periodo in cui. a differenza di adesso. non c’erano talent scout ad ogni angolo. Qui ho trascorso anni per me formidabili. pieni di momenti indimenticabili. In questa città. fin dall’inizio. c’è stata la netta consapevolezza di un legame particolare che si stava instaurando coi tifosi e gli appassionati. Ho sentito questo legame forte e ho sempre dato il massimo delle mie possibilità in tutti i miei impegni”. E per finire un ricordo della Vigevano di quel periodo... “Nel ’77 Vigevano è andata in serie A e io e i miei compagni di squadra spesso andavamo il lunedì mattina in piazza al Caffè Haiti a fare colazione e a leggere il giornale. Mi ricordo una piazza silenziosa e deserta ed una Vigevano che teneva ancora in maniera forte ai legami interpersonali. all’epoca la gente viveva ancora la città “. Questi sono solo alcuni dei ricordi della vita di Stefano che ho raccolto ma altri ne potete trovare nel volume “Cuore. canestri e successi”. Per informazioni sul volume contattate direttamente Stefano Albanese tramite Facebook.
30/09/2018
Paola Doria
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